Secondo la riflessione di Erikson, l’esistenza umana procede secondo otto fasi: esse non si manifestano nello stesso momento per ogni persona, ma sono estremamente differenti nel loro insorgere. La consequenzialità con cui esse si presentano è la stessa, ma presenta gradi di variabilità altissimi da soggetto a soggetto, come le stagioni: il ciclo delle stagioni è sempre il medesimo ogni anno, ma all’interno di ogni stagione le variabili possono essere infinite. Per ogni età è previsto un compito specifico: ciò non significa che quel compito non si ripresenterà più in seguito, o che non si sia mai presentato prima, ma che quello è il momento per eccellenza deputato all’assolvimento di quel dato compito.
- L’infanzia, per Erikson, è il periodo in cui si manifesta, nel bambino, la fiducia o la sfiducia verso il mondo: tutto ciò dipende da come la madre soddisfa i bisogni del bambino, la cui vita si regola unicamente sulla presenza o assenza della figura materna.
- Dai due ai tre anni il focus si orienta verso l’abilità del bambino di sapersi muovere nel suo mondo: importante è l’acquisizione di abilità motorie che forniranno la base per gli sviluppi successivi. In questa fase può accadere che di fronte al fallimento il bambino si senta inadeguato, incerto, e che attui successivamente strategie di evitamento per paura di incorrere nell’insuccesso.
- Dai tre ai sei anni il bambino vive la cosiddetta “età del gioco”, attraverso il quale elabora rappresentazioni mentali e costruisce ipotesi spazio-temporali. In questa fase si sviluppa l’iniziativa, come attività di esplorazione che porta il bambino a cercare di superare i limiti imposti dalle figure genitoriali.
- La quarta fase è quella che copre il periodo scolare, dai sei ai dodici anni circa. Corrisponde alla fase di latenza freudiana, e in questa fase assumono importanza fondamentale la socializzazione, l’apprendimento e la scolarizzazione. Se il bambino non si sente in grado di affrontare i compiti scolastici, può insorgere un serpeggiante senso di inferiorità.
- La quinta fase è legata al periodo adolescenziale: il ragazzo deve scegliere, deve costruire la propria identità. Deve saper rispondere alla domanda “Chi sono io?”. In questa fase la dicotomia tra identità e confusione si mostra in tutta la sua importanza.
- La sesta fase è quella che interessa in special modo l’età adulta, quella in cui importanza fondamentale rivestono le relazioni affettive. L’elemento critico può essere rappresentato dal timore di perdere la propria identità nella relazione con l’altro: si incorre allora nel rischio dell’isolamento.
- La settima fase interessa l’adulto nella sua dimensione di persona ormai stabile dal punto di vista identitario e caratteriale, e capace di aprirsi all’altro attraverso la funzione genitoriale, o educativa in senso lato. Un individuo incapace di affrontare questa dimensione rimane inchiodato in una situazione di vita stagnante.
- L’ultima delle fasi considerate da Erikson è la vecchiaia, in cui la persona si accetta per ciò che è e per ciò che è stata, assume l’evidenza del dover morire e accenta così in se stesso al dimensione della saggezza.
La crisi è un mezzo necessario per progredire da uno stadio all’altro; è proprio attraverso la crisi, sostiene Erikson